E di come dalla Valsusa sono arrivata in Valbrembana
Ogni tanto qualcuno mi chiede di raccontare la mia storia. Di come sono arrivata in Valbrembana e di come da addetta alle seggiovie sono diventata artigiana. Ho scritto tante volte questa pagina, ma non ho mai trovato il coraggio di pubblicarla.
Sono sempre stata una lavoratrice, ma ho anche sempre dato molta importanza alla qualità del tempo. Per questo motivo sentirmi soddisfatta nel mio lavoro per me è una priorità.
Non sono particolarmente ambiziosa, non ho mai sentito la necessità di fare carriera o di viaggiare in giro per il mondo. L’unica cosa che per me era indispensabile era passare più tempo possibile all’aria aperta. Quindi quando ho iniziato a lavorare come addetta agli impianti di risalita sulle piste da sci, per molto tempo mi sono sentita felice.
Sono però molto curiosa e mi piace imparare sempre cose nuove. Per cui dopo dieci anni agli impianti, di cui cinque ogni estate ed ogni inverno sempre alla stessa seggiovia, ho iniziato a sentire il bisogno di cambiare aria.
Ed ecco come sono finita in Valbrembana: prima di cambiare lavoro ho cercato di cambiare montagne, sperando di dare pace al mio animo inquieto. Per un inverno ho quindi lavorato alle seggiovie di Foppolo e Carona. In realtà avevo mandato il curriculum in tutto l’arco alpino, ma proponendomi come addetta agli impianti, il fatto di essere donna credo abbia contribuito al cestinamento delle mie candidature.
In quel periodo il mio ex direttore stava lavorando a Foppolo, per cui è stato un po’ come mandare il curriculum al mio stesso referente. La stazione di sci si trovava in una condizione abbastanza complicata e lui aveva bisogno di persone disposte a lavorare senza pretese. Eccomi.
Convinta che si trattasse di un trasferimento momentaneo, sono invece rimasta incastrata. Dopo una vita da single convinta, ho conosciuto un maestro di sci speciale che mi ha fatto cambiare idea. Soprattutto sui maestri di sci, dato che da brava impiantista ho sempre cercato di tenerli distanti.
Sono cresciuta a Bardonecchia, tra boschi di larice, profumo di cirmolo e colpi di mazzetta. Ho iniziato a scolpire il legno a dodici anni, cercando di seguire le tracce del mio papà. Ma all’epoca lui non era d’accordo con questo mio interesse. Forse lo riteneva troppo pericoloso per una ragazzina della mia età, così ho rimandato a quando sarei stata più grande.
Il caso vuole che il ragazzo di cui ho parlato sopra fosse, oltre che maestro di sci, anche falegname. La mia predisposizione per i mestieri considerati dalla società un po’ più maschili ha fatto sì che, oltre a trovare un fidanzato, io trovassi anche un lavoro. Quindi per qualche anno ho lavorato in falegnameria con il mio compagno.
Ma le cose belle non durano per sempre.
Il mio bel falegname ha dovuto chiudere la falegnameria per aiutare sua sorella nella gestione del negozio di famiglia. Dì la verità, pensavi ti dicessi che la storia d’amore era finita, vero?
Io non me la sentivo di proseguire da sola in falegnameria. Così lui mi ha spinta ad avviare un’attività tutta mia, trasformando la mia passione per il legno in un lavoro.
Ho aperto la mia attività nel 2021. L’intenzione era quella di creare un laboratorio-negozietto accogliente e rustico che richiamasse l’atmosfera di una baita. Trovandomi in un piccolo paesino di montagna mi è venuto naturale dedicare il mio artigianato all’arredo e alla decorazione della casa di montagna.
Il nome dell’attività è sorto in modo molto spontaneo: Come in Baita. Perché era così che volevo far sentire i miei clienti.
Per un po’ ho gestito il mio lavoro seguendo i consigli delle persone che entravano a visitare il nuovo negozietto. Oltre a realizzare i prodotti da vendere nel mio laboratorio, mi dedicavo anche ai lavori su commissione.
Le richieste che mi venivano fatte erano sempre più variegate e disperdevo le energie con progetti sempre più lontani dalla mia essenza libera e indomita. Mi sono ritrovata a non avere più il tempo per scolpire il legno o andare nei boschi. E cosa ancora più triste: non mi piacevano più i prodotti che stavo realizzando.
Sentivo che qualcosa non quadrava nella mia attività ed ho cercato di approfondire seguendo alcuni corsi online per capire dove stessi sbagliando e come eventualmente aggiustare il tiro.
Fondamentalmente il mio errore principale era quello di aver cercato di soddisfare le aspettative degli altri tralasciando i miei reali desideri. Volevo fare qualcosa di utile, ma non capivo come l’artigianato artistico potesse essere considerato tale. Inoltre il fatto di dover competere con l’industrializzazione tipica della nostra era mi metteva in difficoltà per stabilire i prezzi dei miei prodotti.
Allora ho iniziato a scavare dentro di me con un profondo lavoro di introspezione. Ho capito quali sono i miei valori fondanti, quali sono i miei reali desideri e piano piano ho fatto chiarezza.
Il mio brand attuale è in fase di nascita e trasformazione. Quello che so è che con il mio lavoro voglio ispirare le persone a ricercare selvaggiamente la bellezza nella propria vita. Sogno un mondo capace di guardarsi dentro e riconoscere i propri desideri. Voglio che i miei clienti imparino a ritagliarsi un momento per sé, per capirsi, per amarsi.
Credo che mettere se stessi al primo posto non sia un atto di egoismo, al contrario. Stare bene con se stessi è la base per far star bene chi ci circonda.
Luisa – trucioli selvatici nasce con l’intenzione di portare magia e ispirazione. Il mio obiettivo è quello di spingere le persone a creare il proprio momento di introspezione, per riconnettersi alla propria vera essenza e riallineare i desideri dell’anima.
Ma di questo nuovo inizio, avrò senz’altro modo di approfondire in futuro, aggiornandoti un po’ alla volta sull’evoluzione del mio lavoro qui su questo blog e nella mia newsletter.
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