Il guardiano sotto il Crap
Nel mio peregrinare mi è capitato più volte di incrociare vecchi sentieri ripuliti da poco e di rivolgere un pensiero di gratitudine ai volenterosi del bosco. Nel caso del bosco del Crap de la corna credo di essere passata dopo pochi giorni dalla pulizia, perché le loro tracce erano freschissime.
Il sentiero lo avevo già percorso durante i miei primi mesi a Carona, quando il mio compagno cercava di convincermi a trasferirmi definitivamente. Purtroppo l’anno successivo il nord-est alpino ricevette l’attacco della Tempesta Vaia, che non risparmiò la Valbrembana danneggiando circa diecimila piante.
Alcuni sentieri sono rimasti impraticabili per anni a causa dei tronchi abbattuti alla rinfusa. Finalmente una squadra di boscaioli l’estate scorsa fu ingaggiata per fare un po’ di pulizia rimuovendo i tronchi più grossi. I volontari riuscirono così a introdursi nel bosco e proseguire con il lavoro di fino.
Nella desolata distesa di ceppaie rimaste, una in particolare mi rattristò. Se Vaia avesse risparmiato quel bosco probabilmente sarebbe stato l’abete più giovane. Ora che non c’era più volevo dargli una seconda chance. Io sono quella delle seconde chance per tutti.
Nei giorni successivi tornai. Armata di flessibile a batteria, sgorbie, mazzetta e ramponcini per aiutarmi a rimanere agganciata al suolo inclinato mentre facevo forza sul ceppo. Era la prima volta che realizzavo un volto e temevo di fare un pasticcio. Era anche la prima volta che usavo il flessibile in un bosco e mi sentivo una disturbatrice di quiete.
Proseguii a mano con sgorbie e mazzetta per alcune mattine mettendo la sveglia all’alba. Volevo un paio di ore in più da dedicare al mio nuovo progetto.
Inizialmente intorno a me il bosco era completamente silenzioso, e ciò è indice di paura e nascondiglio. Ma dopo qualche giorno di sgorbia e mazzetta i primi picchi cominciarono ad accompagnare il mio lavoro, imitati poi dal resto del sottofondo boschivo.
Il bosco mi aveva autorizzata a proseguire. Sono tornata fino a quando ho sentito che il guardiano sotto il Crap non aveva più nulla da dirmi. Per giorni e giorni sono stata in sua compagnia, anche solo per togliere due trucioli. Mi incitava alla calma interiore, alla pazienza, all’accettazione e soprattutto mi diceva di avere fiducia e coraggio.
Poi quel momento arriva. Si tratta di un attimo. Lo senti dentro: il silenzio.
Quel momento in cui giri intorno al legno con la sgorbia in mano e non sai più cosa devi fare. Quello è il momento di smettere. Il guardiano aveva detto tutto quello che doveva dirmi, adesso potevo andare.
Sono tornata a salutarlo durante l’inverno.
Mi ha sorriso ancora, in silenzio.
Dedicato a Fufi, perché in qualche modo si è presentato nello sguardo buono e nel sorriso sincero del Guardiano sotto il Crap.
Qui ti ho raccontato la sua storia, se vuoi vedere com’è cambiato nel tempo vai alle sculture nascoste:
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